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    Sardegna, le mie origini

    2021-07-04 10:00

    Sara

    Sardegna, sardegna , carbonia, ricordi,

    Sardegna, le mie origini

    Vorrei dire che vi racconto di quel meraviglioso viaggio in Sardegna.Ma mentirei, perché per me la Sardegna è molto di più.

    Sardegna, le mie origini

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Vorrei dire che vi racconto di quel meraviglioso viaggio in Sardegna.

    Ma mentirei, perché per me la Sardegna è molto di più.

    Quindi dico che vi racconto una storia, la storia di una famiglia che ha fatto della Sardegna la propria casa.

    Mio nonno non era sardo, mio nonno era campano. Ma nel cuore e nella mente era sardo.

    Da ragazzo si trasferì in Sardegna, nella neonata città di Carbonia, nei primi anni ‘50, attirato dalla promessa di un lavoro, di un futuro. Già, perché se ora quando si parla di Sardegna si pensa anche al poco lavoro, all’epoca tantissimi emigrarono qui alla ricerca di una vita migliore. Nel caso di mio nonno, venne assunto nella miniera di Serbariu, dove si estraeva carbone. Trovò quindi lavoro e l’amore, con mia nonna (paterna), che sarda era di nascita, di origini e di cuore.

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    Foto a fianco: i miei trisnonni sardi

     

     

    Si sposarono e andarono a vivere nella casa dei miei bisnonni, i genitori di mia nonna, dove ci aveva vissuto con le sue sorelle. La casa sorgeva accanto a quella costruita dai miei trisnonni ed era piccola, formata da una sola stanza. I miei nonni ebbero 9 figli, di cui due morti in tenera età, come spesso succedeva purtroppo e quando mio papà era un bambino, decisero di venire al nord, a Milano, perché la Sardegna non era più la terra che poteva dare un futuro migliore alla loro numerosa famiglia.

     

     

     

    Foto sotto a sinistra: i miei bisnonni paterni

    Foto sotto a destra: i miei nonni paterni, Esterina e Carmine

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    I figli crescevano ma ai miei nonni non bastava, sentivano forte il richiamo della loro terra e così decisero di tornare a quella casa che tanto amavano e che tanto li aveva fatti sognare. Tornarono in Sardegna, buttarono giù la vecchia casa e sullo stesso sito la fecero ricostruire, nuova, più grande e spaziosa. Trovarono la pace circondati dalle vigne, dall’orto, dalla natura. Già, perché la loro casa non è in riva al mare, ma in un luogo ancora più bello: la campagna sarda, dove capita quotidianamente di sentire il pastore passare con le proprie pecore, guidate dal suo cane. 

    Dove è facile sentire i campanacci delle capre a qualsiasi ora, oppure vagando per le stradine sterrate puoi incontrare galline, cani, bambini che giocano, come una volta… e in un attimo ti senti in pace.

    Perchè la Sardegna ti entra dentro. Non la Sardegna patinata della costa Smeralda, non quella turistica, ma quella vera, autentica.

    Foto sopra: la prima casa

    Foto sotto: a sinistra la seconda casa in costruzione; a destra la casa oggi

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    Mio papà e mia mamma mi ci hanno portato la prima volta quando ero piccolissima, e poi quasi ogni anno fino all’età adulta. Quando ho cominciato a viaggiare da sola, ho visto un po’ di mondo, ma appena riesco ci torno e per me è come tornare a casa.

    La casa dei nonni, che raccoglie infiniti ricordi, che ci ha regalato momenti puri di felicità, di pace, di convivialità. Le estati passate insieme a mamma e papà, ai cugini, agli zii, tutti insieme, 15 e più persone nella stessa casa, ma dove non ci sono mai stati momenti in cui ci si sentiva stretti, perché il bello era proprio stare insieme.

    Si andava al mare, ma con calma, spesso dopo aver digerito il pranzo, e si restava quasi fino al tramonto. Si andava a pranzo dai parenti, a trovare le zie, nelle loro case sempre uguali che per noi erano e sono un punto di riferimento. Si andava in esplorazione, a scoprire promontori, passeggiate su strada sterrata, panorami indescrivibili, nuraghe, siti archeologici, paesini sperduti in mezzo al nulla. Si andava alle sagre, ad assaggiare il cibo sardo, ma tanto quello cucinato da nonna era più buono!

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    La nonna, tipica donna sarda, con il suo vestito a fiori e il grembiule fisso infilato sopra, perché mentre andavamo al mare lei cucinava per noi e guai se avanzavamo qualcosa! Ci aspettava, seduta sulla sua seggiolina fuori da casa, mentre chiacchierava con sua sorella, che abitava proprio accanto, in dialetto, che non sono mai riuscita a imparare, ma che adoro sentir parlare.

    Il nonno era sardo solo di adozione, ma era molto più sardo nel cuore di quanto si possa immaginare. Ci preparava i ravioloni, come li chiamiamo noi, i culurgionis, che noi nipoti puntualmente rubavamo ancora crudi perché troppo buoni! Il nonno, che curava l’orto, da cui raccoglievamo i pomodori, buonissimi, e che mangiavamo così, a morsi con un pizzico di sale e li preferivamo di gran lunga al gelato o a qualsiasi merenda!

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    Il nonno, che non si stancava mai di raccontarci aneddoti e stralci di vita e di quanto lavorare in miniera fosse difficile. Noi lo ascoltavamo volentieri, anche se quelle storie le sapevamo a memoria, e ci stupivamo di quanti dettagli ricordasse, nonostante fossero passati molti anni. La miniera, quel lavoro che gli ha dato tanto, ma che lo ha anche fatto ammalare, di silicosi, e che mi ha dato lo spunto per la mia tesi di laurea, incentrata proprio sulle miniere del Sulcis, sulla rivalutazione turistica e su di lui.

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    Da quando sono morti i nonni, in Sardegna ci andiamo sempre, per onorarli, per non vanificare le loro fatiche, il loro amore per la nostra terra e perché la amiamo anche noi, come non farlo?

    La Sardegna è questo per me: mare sicuramente, ma quello è solo il bellissimo contorno. Sardegna è estate, famiglia, stare insieme, ridere, essere sereni, sentirsi a casa perché a contatto con le proprie radici. Le mie figlie stanno crescendo con la stessa idea di questa splendida terra e so che è il regalo più bello che possa far loro, così come è stato il regalo più bello lasciatomi da mio padre.