5 paesi del Sulcis da visitare!
Continuiamo il nostro viaggio nel Sulcis e scopriamo un altro aspetto di questa splendida zona del Sud Sardegna. I borghi, i piccoli paesi. Quei centri tanto cari alla nostra Italia, scrigni di storie e tradizioni, di cui a volte dimentichiamo l’importanza che assumono nel preservare quello che siamo stati e che in fondo siamo ancora.
Ne ho selezionati cinque, diversissimi, ma ugualmente meritevoli di una sosta, di una passeggiata, di una visita.

1. TRATALIAS
Tratalias è un borgo unico, che colpisce al cuore per quanto è bello, per i suoi colori, le sue vecchie case, la sua storia. Il borgo originario risale circa all’anno mille e divenne nel periodo medievale sede della diocesi di Sulci. La sua importanza crebbe fino al XIX secolo, quando cominciò a perdere il suo ruolo primario.
Il borgo è stato abbandonato negli anni ‘80 dopo che le acque del lago artificiale di Monte Pranu si infiltrarono rendendo inagibili le case. Il nuovo paese è stato costruito a poche centinaia di metri.
Gli abitanti, negli anni ‘90, non hanno voluto lasciare che il loro paese cadesse a pezzi e hanno dato nuova vita alle vecchie case aprendo alcune botteghe artigianali.

Oggi Tratalias è un borgo fantasma, ma dove vengono spesso organizzate manifestazioni ed eventi e dove i laboratori e le botteghe mantengono vive le tradizioni e le radici di questo angolo speciale del Sulcis. Noi lo abbiamo visitato un lunedì mattina, con le botteghe chiuse, ma anche così emana un fascino che stupisce, con la sua piazzetta dove si affaccia la chiesa Romanica di Santa Maria di Monserrato, costruita nel XIII secolo e dagli interni silenziosi e dall’atmosfera unica, alle cui spalle scorrono uno dopo l’altro tutti i laboratori. L’antica casa spagnola, le cui origini risalgono allo stesso periodo, è diventata Museo del Territorio Trataliese, dove è custodito il carro che una volta l’anno porta in processione il simulacro della Vergine di Monserrato.




Camminare tra queste viuzze è come ritrovarsi in un vecchio film western, nel New Mexico, dove le casette color rosso e le sue mille sfumature spiccano in mezzo alla campagna. E’ bellezza, quasi malinconica, d’altri tempi, in una dimensione quasi surreale, dove ogni svolta è uno scorcio meraviglioso e ogni angolo regala emozioni.




2. IGLESIAS
Iglesias è un grande centro di 27.000 abitanti, protagonista del periodo minerario e che dà il nome alla zona del Sulcis Iglesiente. Da qui parte il Cammino minerario di Santa Barbara, che si snoda per 400 km tra paesaggi mozzafiato e resti di vecchie miniere (che prima o poi mi sono ripromessa di percorrere) . Le miniere sono state per più di un secolo la principale fonte di sostentamento per l’Iglesiente e proprio qui sorge una delle testimonianze più importanti del periodo: il Museo dell’arte mineraria, che espone alcuni macchinari usati nel 1800, altri più moderni e persino 400 mt di galleria. Da vedere. Pur essendo una cittadina abbastanza grande, il centro storico rimane raccolto ed è molto caratteristico.

Si parte dalle mura medievali risalenti al XIII e XIV secolo, di cui sono visibili ancora alcuni tratti, per poi proseguire in pieno centro con piazza Sella, dedicata al ministro che diede impulso all’attività estrattiva del Sulcis iglesiente nel XIX secolo. Di fronte alla piazza parte Via Matteotti, il fulcro del paese, dove ogni anno in estate vengono appesi i famosi ombrellini colorati che regalano un’atmosfera allegra e leggera all’intero centro. Iglesias in spagnolo significa chiese, ma sembra che l’origine del nome sia dovuto non tanto alla quantità di questi edifici presenti comunque in città, quanto all’importanza che ha rivestito come sede episcopale nel passato.

Ogni tanto penso che Iglesias sarebbe il posto ideale dove vivere: centro dotato di tutto ma non troppo grande, vicino ad un mare splendido e soprattutto si trova in Sardegna, dove sogno di trasferirmi un giorno o l’altro.
Iglesias possiede anche un castello, il Castello di Salvaterra, non un classico maniero, più volte rimaneggiato, ma comunque che ha una sua storia. Per volere del conte della Gherardesca (lo stesso del Castello di Acquafredda) fu edificato come baluardo da cui sorvegliare la città e oggi è saltuariamente sede di mostre.
Igleasias è anche modernità, perché in centro troverai ristorantini e negozietti di alcune marche note. Insomma, c’è tutto per una vita tranquilla in una cornice paradisiaca come quella del mar di Sardegna.

3. SANT’ANTIOCO
Il paese di Sant’Antioco è spesso trascurato perché si dà precedenza alle spiagge dell’isola, ma è davvero grazioso e merita di essere visitato. E’ un tipico paese di mare, dove l’aria profuma di sale e dove è bello passeggiare la sera, sul lungo mare, osservando il porticciolo, le barche e le luci che provengono dai ristorantini. Lo scorso anno l’ho rivista così, solo di sera, quando siamo andati a cenare al ristorante “I due fratelli”, consigliatissimo per un’ottima cena a base di pesce e in pieno centro.
Sant’Antioco è un’isola situata nel sud ovest della Sardegna, collegata all’isola principale da un istmo artificiale, costruito forse dai fenici e perfezionato dai romani. Perchè i romani sono passati anche da qui, ovviamente!

Il Sulcis però prende il nome da Sulky, fondata dai fenici nel 770 a.C. e poi conquistata dai cartaginesi. Ne rimangono importanti testimonianze visitabili nella necropoli, di cui parlerò in un articolo dedicato. Ma è con i romani che Sulci raggiunse il periodo di massimo splendore, visibili nel mausoleo Sa Presonedda in centro e nei resti di un ponte romano poco prima di entrare nel paese. Resti nuragici e prenuragici sono invece visibili nei ruderi di una trentina di Nuraghi, tombe dei Giganti (Su Niu ‘e su Crobu) e lo straordinario Grutt’i acqua, villaggio nuragico con opere idrauliche eccezionali per l’epoca, cinta muraria e circoli megalitici. Immancabile poi la tappa al museo archeologico, molto interessante.

Potrete inoltre ammirare testimonianze sulle tradizioni dell’isola, nel Museo MuMa, dedicato alle tradizioni marinare, il museo etnografico su Magasinu de su binu. Il museo del bisso, originale museo dedicato alla lavorazione di questa seta naturale marina, tipica di quest’isola, è imperdibile.
Il nome di quest’isola deriva dal patrono della Sardegna, che fu un martire africano qui esiliato e a cui è dedicata la basilica centrale, risalente all’XI secolo. Due settimane dopo Pasqua, ogni anno, a lui si dedica la sagra religiosa sarda più antica.
Perdetevi tra le vie colorate del centro, di giorno ma soprattutto le sere d’estate, dove il borgo pullula di gente che esplora il paesino, in cerca di un ristorante, di un gelato, di una bibita o semplicemente di un po’ d’aria di mare.
L’isola è ricca di spiagge splendide, dalla mia caletta del cuore, Portixeddu, la più vicina al paese, a Turri, Maladroxia, Coaqquaddus, Cala Sapone, fino alla scogliera di Is Praneddas, chiamata “arco dei baci”, magnifico punto panoramico a 200 metri sopra il mare.
Un’isola che lascia il segno nel cuore.


4. CARLOFORTE
Il paese di Carloforte è qualcosa che non ti aspetti di trovare in Sardegna.
Si trova sull’isola di San Pietro, che si trova nel sud ovest non lontana da Sant’Antioco. Per arrivarci occorre prendere il traghetto da Portoscuso e la traversata dura circa 40 minuti. Si può portare la propria auto in modo da poter poi girare comodamente l’isola in autonomia.
Scesi dal traghetto, vi troverete già di fronte a Carloforte. Parcheggiate l’auto (al porto troverete numerosi parcheggi) e partite per l’esplorazione. Vi accorgerete subito che vi sembrerà di essere sbarcati in un’altra regione italiana: la Liguria.
I fondatori dell’isoletta infatti furono famiglie di pescatori originarie di Pegli e provenienti dall’isola tunisina di Tabarka.
Questi ottennero il permesso di colonizzare l’isola del XVIII secolo e fondarono anche Carloforte, unico centro con i suoi 6000 abitanti. Quello che conquista di questo paese sono le sue viuzze colorate che salgono e scendono, i suoi scorci, le sue vedute, il suo porticciolo. Vi sembrerà davvero di essere catapultati in uno di quei borghi liguri tanto famosi quanto belli.
Sul lungomare troverete il monumento a Carlo Emanuele III, gruppo di tre statue tra cui spicca quella del sovrano, da cui deriva il nome del paese.

Aperto da pochi anni, c’è il Museo multimediale del mare, che racconta la storia e la natura dell’isola.
Perchè quest’isola è un susseguirsi di sorprese: dopo aver visitato il coloratissimo borgo, andate al porto e chiedete per una gita in barca, ne rimarrete a bocca aperta. Farete il giro intorno all’isola e scoprirete le sue rocce frastagliate e le sue meravigliose insenature, uniche nel suo genere e da restare totalmente incantati. Una volta finito il giro, recatevi a Capo Sandalo, promontorio che ospita il faro più occidentale d’Italia, che offre viste strepitose sulle scogliere, il mare e l’infinito.
Ultimo ma non ultimo, le spiagge, una più bella dell’altra, tutte da scoprire.
Da assaggiare anche la sua cucina, diversa da quella sarda, un mix di quella ligure e quella tabarkina, ma con una componente davvero speciale: il tonno, a cui è dedicata ogni anno una competizione culinaria da leccarsi i baffi: il Girotonno.



5. CARBONIA
Con quasi 30.000 abitanti, Carbonia è la città più popolosa del Sulcis. Non è esattamente quella che si definisce una città esteticamente bella, ma ha una storia unica e particolare, visibile in alcune piazze e monumenti e a mio parere merita una visita. Carbonia è innanzitutto la città di origine di mio padre, o meglio una delle sue frazioni sperdute tra le campagne sarde, e per questo ci sono legatissima. Ma è anche la città delle miniere, una città giovanissima costruita in soli due anni e sorta nel 1938 per dare una casa ai lavoratori della vicina miniera di Serbariu (tra cui mio nonno paterno).

Carbonia è anche sede del primo sciopero in Sardegna durante il ventennio fascista, tra il 1940 e il 1943. Ci furono poi nel 1948 due mesi di sciopero per contrastare la Carbosarda, società che gestiva la miniera. Il movimento portò alla vittoria dei lavoratori con la stipula di un accordo.
In centro è stata dedicata ai minatori una statua, per onorare il loro lavoro e le loro fatiche.
La miniera è stata chiusa negli anni ‘60 e riaperta i primi anni 2000 ai turisti e visitatori come testimonianza di un periodo florido dal punto di vista economico ma duro, per le condizioni dei minatori. E’ la storia di tante famiglie, della mia famiglia e Carbonia ne porta il segno, con le sue piazze, i suoi musei, l’impianto della città che porta un retaggio del periodo fascista. Sicuramente diversa, ma altrettanto importante per la storia di questa zona.
